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Episodio n. 3: "Bocciate mio figlio per piacere"

Aggiornamento: 13 apr 2019


La mamma del festeggiato mi racconta in occasione del compleanno del figlio di essere pentita della scelta di averlo anticipato alla primaria. Il bimbo però difficilmente sarà fermato dalle maestre (anche se per il livello di maturazione globale sarebbe proficuo che rifacesse la prima...)!


Studio di caso, una lettera per Ds e CdC


Alla cortese attenzione del Dirigente Scolastico e del Consiglio di Classe …


OGGETTO: RICHIESTA DI NON AMMISSIONE/RITIRO DELL’ALUNNO____


Io sottoscritta ______chiedo a codesto Consiglio di Classe di ritirare l’alunno dalla classe ( o meglio la non ammissione). Colgo l’occasione per ringraziare il CdC per la dedizione, la cura e la passione che ogni giorno profonde nel lavoro, con un’attenzione continua e personalizzata che vede farsi realtà la corresponsabilità del patto educativo scuola/famiglia nell’unione di intenti e fini. Da quanto risulta dall’attento ascolto ed osservazione del bambino, condiviso in svariati colloqui con la maestra prevalente nonché coordinatrice della classe, posso sintetizzare che mio figlio ha raggiunto nell’a.s. 2018/2019 le seguenti competenze generali:

1 – sapere (conoscere): buona competenza;

2 – saper fare (insieme di abilità procedurali): competenza non sufficiente;

3 – saper essere (competenze esistenziali): competenza non sufficiente;

4 – saper apprendere: competenza non sufficiente;


pertanto, alla luce della normativa (vedasi nota 1) e delle considerazioni teoriche di seguito esposte, chiedo al CdC della______, in quanto madre, quindi stakeholder privilegiata della scuola il cui fine è il successo non solo scolastico ma anche formativo dell’individuo, la non ammissione di mio figlio alla classe seconda elementare (o chiedi di ritirarlo) in quanto non in possesso di 3 su 4 competenze generali.

Ripetendo la classe prima elementare tali competenze potranno maturare e dare al bambino l’opportunità di autorealizzarsi nel breve e nel lungo termine. Il “successo formativo” è infatti un traguardo che interessa il percorso di vita della persona, e che lo accompagnerà lungo tutto il corso della sua vita, anche oltre l’esperienza scolastica, rispetto alla sua capacità di realizzarsi. Quando il voto si riduce alla misurazione solo quantitativa dei risultati, non contribuisce in modo costruttivo al percorso formativo. La promozione può coincidere o meno con il raggiungimento del successo formativo. In questo caso non coinciderebbe assolutamente. Considerando solo l’elemento anagrafico senza tenere in conto la persona in modo olistico verrebbe a mancare il principale obiettivo della scolarizzazione che si può riassumere nella “riuscita” del soggetto perché possa realizzarsi come individuo (autorealizzazione) non isolato, ma capace di interagire con gli altri e comprendere la realtà sociale e materiale, capace di con-vivere con i suoi simili senza l’ansia da prestazione generata da livelli di competenze non adeguati rispetto a quelli conseguiti dai pari. Al bambino sarebbe così negata la possibilità di scoprire le proprie inclinazioni, potenzialità, “talenti” o “intelligenze” (autoconsapevolezza) e la possibilità di esprimere queste caratteristiche specifiche e personali. Un percorso orientato al “successo formativo” è invece attento a comprendere, suggerire, indicare, valorizzare le differenze e le potenzialità “di tutti e di ciascuno”. Ogni ragazzo dovrebbe essere messo in condizione di conoscere le proprie caratteristiche attitudinali, risorse, limiti, desideri, aspirazioni, grazie al confronto con gli altri e la realtà, per costruire via via un progetto di vita. La differenza di competenze tra la classe e mio figlio provocherebbe la sua perdita di autostima con conseguenze nefaste sull’apprendimento permanente che consiste in “qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale, informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale” (legge 92 del 2012, articolo 4, comma 51). L’autorealizzazione implica il raggiungimento di traguardi di: - autonomia - autostima (assunzione di) responsabilità - relazioni significative - lavoro (è la base per interagire con la realtà sociale che si contribuisce a costruire) . Un percorso orientato al “successo formativo” è attento allo sviluppo complessivo del bambino è attento a fornire competenze relazionali e strumenti (conoscenze, competenze, metodi, linguaggi,...) che consentono al bambino di camminare nel mondo senza paura per fare progetti, comunicare con gli altri che sente come pari, orientarsi (e ri-orientarsi) in una realtà in continuo mutamento. La realizzazione di sé avviene in un contesto sociale di cui l’individuo fa parte e in cui deve sentirsi a suo agio e competente. La relazione tra individuo e contesto sociale è regolata da diritti e doveri: è sulla conoscenza dei propri diritti e doveri (coscienza etica) che si fonda la possibilità di una convivenza civile. A questo ci richiamano i principi Costituzionali. Un percorso orientato al “successo formativo” deve fornire soprattutto le competenze chiave di cittadinanza:

• Imparare ad imparare

• Progettare

• Comunicare

• Collaborare e partecipare

• Agire in modo autonomo e responsabile

• Risolvere problemi

• Individuare collegamenti e relazioni

• Acquisire ed interpretare l’informazione anche se questo significa deviare dal percorso standard per assecondare il ritmo di crescita che è diverso e unico in ogni bambino.


Ricordiamo inoltre la teoria di Krashen che parte dalla differenza (chomskiana) tra acquisizione ed apprendimento: L’acquisizione è un procedimento che integra le strategie globali dell’emisfero destro e quelle analitiche dell’emisfero sinistro, ed è inconscio. Ciò che si acquisisce entra a far parte stabilmente delle conoscenze di una persona. L’apprendimento, viceversa, è un procedimento razionale governato dall’emisfero sinistro e di per sé non produce acquisizione stabile. L’insegnante deve produrre acquisizione, dunque, piuttosto che apprendimento. Secondo Krashen esiste un ordine naturale di acquisizione di cui è necessario tener conto. Quest’ordine naturale è quello indicato da “i+1” dove i è il compito che già si è acquisito +1 è l’area potenziale dello sviluppo che deve essere graduata; per apprendere non deve essere inserito nessun filtro affettivo: affinché, cioè, il +1 sia acquisito, è necessario che non vi sia inserito nessun filtro affettivo: se lo studente non è sereno i meccanismi ormonali producono steroidi che inibiscono la noradrenalina, neurotrasmettitore che facilita la memorizzazione. È chiaro dunque che stati di ansia, attività che pongono a rischio l’immagine di sé o che minano l’autostima vanno evitate. (P. E. BALBONI, Le sfide di Babele, UTET, Torino 2015: pp. 49-50). Si ritiene quindi che il passaggio dell’alunno alla classe seconda provocherebbe anche un disagio psicologico tale da essere ostativo all’acquisizione di conoscenze stabili e durature.


Ringraziando dell’attenzione e della collaborazione sempre dimostrata, invia un cordiale saluto,


...


(1) Nella recente nota del 9 gennaio 2018, prot. n. 312 con cui il Miur ha trasmesso le linee guida per accompagnare le innovazioni in materia di valutazione e di certificazione delle competenze leggiamo a proposito del primo ciclo: la certificazione delle competenze, che accompagna il documento di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli alunni, rappresenta un atto educativo legato ad un processo di lunga durata e aggiunge informazioni utili in senso qualitativo in quanto descrive i risultati del processo formativo, quinquennale e triennale, anche in vista della ulteriore certificazione delle competenze al termine dell'obbligo di istruzione del secondo ciclo. Tale operazione, pertanto, piuttosto che come semplice trasposizione degli esiti degli apprendimenti disciplinari, va intesa come valutazione complessiva in ordine alla capacità degli allievi di utilizzare i saperi acquisiti per affrontare compiti e problemi, complessi e nuovi, reali o simulati. Con la certificazione si vuole richiamare l'attenzione sul nuovo costrutto della competenza, che impone alla scuola di ripensare il proprio modo di procedere, suggerendo di utilizzare gli apprendimenti acquisiti nell'ambito delle singole discipline all'interno di un più globale processo di crescita individuale. I singoli contenuti di apprendimento rimangono i mattoni con cui si costruisce la competenza personale. Non ci si può quindi accontentare di accumulare conoscenze, ma occorre trovare il modo di stabilire relazioni tra esse e con il mondo al fine di elaborare soluzioni ai problemi che la vita reale pone quotidianamente. Progettare l'attività didattica in funzione delle competenze e della loro certificazione richiede una professionalità docente rinnovata e attenta alle domande, anche e soprattutto implicite, che possono venire dagli alunni. Se intesa in questa prospettiva di complessivo rinnovamento didattico, la valutazione e certificazione delle competenze possono costituire un'occasione importante per realizzare l'autonomia delle scuole e valorizzare la creatività e la responsabilità professionale degli insegnanti. La certificazione è strumento utile per sostenere e orientare gli alunni nel loro percorso di apprendimento dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado e, successivamente, sino al conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica professionale. La formulazione di una certificazione di competenze fondata su evidenze, presuppone una progettazione curricolare e una pianificazione dell'offerta didattica e degli ambienti di apprendimento tali da mettere l'allievo in situazione e in azione per acquisire conoscenze e abilità attraverso l'esperienza, ma anche per riflettere metacognitivamente e sviluppare metodi per acquisire informazioni, trasformare la realtà, generalizzare quanto appreso. È inoltre indispensabile che gli allievi possano collaborare e interagire tra di loro per sviluppare atteggiamenti partecipativi, collaborativi ed empatici. L'osservazione degli alunni in contesti d'apprendimento così concepiti, permetterà anche una valutazione del profitto più ricca e articolata, che terrà conto non solo delle conoscenze e delle abilità più semplici o di come l'allievo risponde ai compiti e agli esercizi scolastici. La valutazione di profitto, quindi in questa prospettiva, si avvicinerebbe, pur non sovrapponendosi completamente, alla valutazione delle competenze e le votazioni in decimi potrebbero corrispondere, come recita il D. lvo 62/2017, all'art. 2, a "differenti livelli di apprendimento", che richiedono di essere descritti nella loro progressione qualitativa.

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